2023 – Ritiri con il Clero delle diocesi di Oristano ed Ales-Terralba
23 Febbraio 2023
Aquila, Priscilla e Paolo.
Laici e presbiteri che annunciano e testimoniano il Vangelo di Gesù
(At 18)
Meditazione all’ora Terza (Gl 2, 12-18)
Così dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso,
lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion,
proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo,
indite un’assemblea solenne,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
«Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra
e si muove a compassione del suo popolo.
- Ho preferito far proclamare come lettura breve dell’Ora Media questo brano di Gioele che, ieri, al principio della Quaresima, abbiamo ascoltato durante la liturgia e probabilmente abbiamo commentato per le nostre Comunità, dando la giusta intonazione spirituale a questo pellegrinaggio verso la Pasqua del Signore.
- Il rischio di noi predicatori, per lo meno da me avvertito in modo molto forte come una debolezza personale, è quello di rivolgerci sempre agli altri e di pensarci meno coinvolti rispetto al Popolo di Dio. Quindi riascoltare questa Parola, forte, pungente, sincera e ripiena di speranza credo che possa essere per tutti noi un aiuto importante.
- Questo del profeta Gioèle è un piccolo Libro, appena quattro capitoli, risalente al V o IV secolo prima di Cristo. Giole sembra essere un profeta, e conseguentemente la sua una profezia decontestualizzati, quindi più facilmente applicabile a tutte le situazioni. Si apre con il racconto di un’invasione di cavallette, paragonate ad un esercito sterminatore, e la conseguente devastazione e desertificazione dei campi colpiti, descritti con forti accenti di desolazione.
- Gioèle si fa voce della Parola del Signore che chiama a penitenza, come se la piaga riferita fosse segno dei peccati del popolo giunti al culmine. E noi sappiamo bene che la radice, occasione e causa determinante ogni peccato, quelli di ieri del Popolo d’Israele e quelli di oggi che appartengono alla nostra esperienza, è la trascuratezza spirituale. Essa è quella condizione, spesso silenziosa, che in nome delle attività anche più nobili, anche degli impegni ministeriali più appassionati, guadagna spazio nel nostro cuore portandoci a sperimentare una certa estraneità/assenza di Dio. E quando c’è un’assenza, un vuoto, esso viene colmato da ciò che meno è nobile, puro, desiderabile… per citare San Paolo (cfr. Fil 4, 4-9). Il vuoto della presenza di Dio diviene inevitabilmente pienezza dell’Io, nel senso egotico del termine, e anche occasione d’azione del Maligno… specie se la nostra vigilanza spirituale viene meno, si intorpidisce…
- Senza colpevolizzarci o colpevolizzare alcuno, tutti noi abbiamo necessità di tornare al Signore. Questo “movimento” interiore, quotidiano, necessario, si verifica soprattutto quando abbiamo il coraggio di fermarci, di guardare in faccia la nostra desolazione, il deserto che creiamo quando pensiamo di costruire senza tregua, scoprendo ancora una volta che se il Signore non costruisce la casa, invano fatica il costruttore, e se il Signore non veglia la città, invano le fa la guardia il custode… (cfr. Salmo 126). Certamente il tempo della Quaresima, questa Quaresima è tempo favorevole di ritorno. Non un tempo ideale che verrà, magari quando ci sentiremo meglio disposti, ma questo che è appena iniziato e che ci chiede un ritorno da una dispersione di cui nessuno è immune, ciascuno la sua, ciascuno conosce.
- Laceratevi il cuore e non le vesti… Lacerare le vesti, segno biblico per eccellenza di indignazione, sofferenza, scandalo e penitenza, tutto sommato può essere facile, anche per noi, avvolti da un clima perbenista e molto attento a ciò che è esteriore, a ciò che appare, e qualche volta ci spinge a prendere posizione su fenomeni di costume o etici profondi, ma vissuti superficialmente.
- Lacerarsi il cuore, è altra cosa. Non si tratta semplicemente di strappare per infliggersi un dolore penitenziale, per placare l’ira divina (come alcune espressioni liturgiche ci fanno pregare), o dare soddisfazione psicologica e autopunitiva ad un male commesso, e non è nemmeno un esercizio ascetico di distacco dal male e dalla realtà sensibile come ci propone una matrice spirituale di tipo filosofico o buddista, ma significa aprire un varco, creare ancora una volta un’apertura, permettere che il Signore possa entrare, ed entrando possa prendere nuovamente dimora presso di noi, in noi. Lacerare il cuore significa permettere nuovamente a Dio di abitarci. La preghiera, il digiuno, l’elemosina sono “solo” scalpelli che aiutano l’apertura del cuore.
- E allora anche la nostra preghiera di intercessione per il Popolo che Dio ci ha affidato diviene flusso di misericordia che sgorga da un cuore lacerato, come sgorga un rivo d’acqua da una roccia che è stata spaccata. Spacca, Signore, il nostro cuore! Questa potrebbe essere la nostra Quaresima…
Conversazione con il clero
Atti 18
Paolo a Corinto
1 Dopo questi fatti egli lasciò Atene e andò a Corinto. 2 Trovatovi un certo Giudeo di nome Aquila, oriundo del Ponto, venuto di recente dall’Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva comandato che tutti i Giudei se ne andassero da Roma, si unì a loro. 3 E, siccome era del medesimo mestiere, dimorava e lavorava con loro, poiché, di mestiere, erano fabbricanti di tende.
4 Ogni sabato dialogava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci. 5 Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò interamente alla predicazione, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo. 6 Poiché essi lo contrastavano e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: “Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; d’ora in poi andrò dai Gentili”. 7 E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato Tizio Giusto, il quale temeva Dio e aveva la casa contigua alla sinagoga. 8 E Crispo, il capo della sinagoga, credette nel Signore con tutta la sua casa; anche molti dei Corinzi, udendo Paolo, credevano ed erano battezzati.
9 Il Signore disse di notte in visione a Paolo: “Non temere, ma parla e non tacere, 10 perché io sono con te e nessuno metterà le mani su te per farti del male poiché io ho un grande popolo in questa città”.
11 Ed egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando fra loro la parola di Dio.
12 Poi, quando Gallione fu proconsole d’Acaia, i Giudei, tutti d’accordo, insorsero contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale, dicendo: 13 “Costui va persuadendo gli uomini ad adorare Dio in modo contrario alla legge”. 14 E come Paolo stava per aprire la bocca, Gallione disse ai Giudei: “Se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche cattiva azione, o Giudei, io vi ascolterei pazientemente, come ragione vuole. 15 Ma se si tratta di questioni intorno a parole, a nomi e alla vostra legge, provvedeteci voi; io non voglio essere giudice di queste cose”. 16 E li mandò via dal tribunale. 17 Allora tutti, afferrato Sostene, il capo della sinagoga, lo picchiavano davanti al tribunale. E Gallione non si curava affatto di queste cose.
Paolo ritorna ad Antiochia
18 Quanto a Paolo, egli rimase ancora molti giorni a Corinto; poi, preso commiato dai fratelli, navigò verso la Siria, con Priscilla e Aquila, dopo essersi fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto.
19 Quando giunsero a Efeso, Paolo li lasciò là; egli, intanto, entrato nella sinagoga, si mise a dialogare con i Giudei. 20 E, pregandolo essi di trattenersi da loro più a lungo, non acconsentì, 21 ma, dopo aver preso commiato e aver detto che, Dio volendo, sarebbe tornato da loro un’altra volta, salpò da Efeso.
22 Sbarcato a Cesarea, salì a Gerusalemme e, salutata la chiesa, scese ad Antiochia.
Terzo viaggio missionario
Apollo a Efeso e a Corinto
23 Essendosi fermato qui qualche tempo, partì, percorrendo di luogo in luogo il paese della Galazia e la Frigia, confermando tutti i discepoli.
24 Ora un Ebreo di nome Apollo, oriundo d’Alessandria, uomo eloquente e potente nelle Scritture, arrivò a Efeso. 25 Egli era stato istruito nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, parlava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni. 26 Egli cominciò pure a parlare francamente nella sinagoga. Ma Priscilla e Aquila, uditolo, lo presero con loro e gli esposero più accuratamente la via di Dio. 27 Poi, volendo egli passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli che l’accogliessero. Giunto là, egli fu di grande aiuto a quelli che avevano creduto mediante la grazia di Dio, 28 perché con gran vigore confutava pubblicamente i Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo.
- Contesto culturale di Corinto… città ricca, portuale, sportiva (giochi istmici) , trasgressiva… a cui Paolo indirizzerà due lettere che si occupano anche di fornire ai primi cristiani di Corinto delle norme etiche da applicarsi nel confronto continuo con la società pagana e libertina nella quale essi sono pienamente inseriti e che contribuiscono a costruire. L’Apostolo non fa mai mancare la sua parola, il suo insegnamento, il suo esempio, in dialogo, e – a volte, quando si rende necessario – di contrapposizione a stili di vita lontani od opposti al Vangelo… attraverso le lettere la sua assenza è colmata dalla presenza dell’insegnamento e della sollecitudine apostolica…
- Decreto di espulsione di Claudio (49 d.C) dei giudei da Roma. I primi cristiani non sono ancora chiarmente distinguibili dai Giudei, l’editto di Claudio colpisce tutti indistintamente.
- Incontro con Aquila e Priscilla, avviene una condivisione della fede, dell’abitazione, del lavoro. I tre non si conoscono ma si riconoscono. Riconoscersi è molto più che conoscersi, perchè indica una comune appartenenza al di là dei vincoli di sangue, di amicizia, di cultura, di provenienza, di tradizione e anche di servizio.
Un piccolo aneddoto personale per aiutarci a capire come sia più facile e per certi aspetti banale conoscerci che riconoscerci. Mi ricordo un viaggio a Creta, quando ad Heraklion ho visitato la chiesa ortodossa con la reliquia di San Tito… un pope si è subito preoccupato di dirmi che la chiesa cattolica era da un’altra parte… gli ho spiegato che comunque mi sentivo a casa anche in questa chiesa, ma… lui era poco convinto.
Quanti disconoscimenti ecclesiali ci sono, tra cristiani, tra cattolici… per cosa poi? Atteggiamenti antievangelici di una parte di Chiesa troppo preoccupata di sé stessa e poco occupata di evangelizzare…
E’ interessante notare come Paolo faccia famiglia con una famiglia già costituita, ed insieme sono “fabbricatori di tende”, un mestiere evocativo di quella tenda che serve per abitare, per vivere… quasi fabbricatori di una casa comune… l’uno accanto agli altri, nel costruire la medisima tenda… forse in questo momento storico, più che in altri ci è chiesto di costruire insieme la tenda di Dio presso gli uomini… non semplicemente corresponsabilizzando i laici nell’apostolato spicciolo (e certamente molto prezioso) nelle nostre comunità, ma ricordando loro ed aiutandoli a occuparsi delle realtà temporali che sono chiamati ad animare in maniera evangelica secondo la loro propria vocazione: politica, cultura, famiglia, lavoro, pensando a nuove (o antiche?) forme di impegno, non più esauribili nelle esperienze associative dei gruppi, movimenti… che corrono il rischio di autoconsumarsi, di autocontemplarsi, di autoappagarsi…
Doveroso è riconoscere e valorizzare i carismi e i ministeri, ma anche ricordare che i laici hanno la vocazione di cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio (cfr LG 31)
Un altro aspetto che mi sembra di particolare rilevanza è notare come prima della istituzione valga la relazione… l’Apostolo non fa valere innanzitutto la sua autorità e la sua giusta posizione ecclesiale, ma costruisce una relazione. Alle volte, può essere che mi sbagli, ho l’impressione che ci occupiamo più delle organizzazioni che delle relazioni, quelle vere, autentiche… quelle che poi divengono realmente feconde e generatrici di vita cristiana. Senza laici santi, famiglie sante come quella di Aquila e Priscilla, anche l’azione di Paolo, degli Apostoli sarebbe stata più povera e meno efficace, essi hanno radicato la presenza cristiana e sono divenuti quell’humus fecondo grazie al quale è germinato il seme della Parola, come ebbe a dire Benedetto XVI…
- Ostilità del mondo giudaico ed apertura al mondo pagano con la conversione di alcuni “cercatori di Dio”… Crispo, molti Corinzi, e prima ancora Dionigi, Damaris, e poi Lidia e tanti altri…
Lettera ai cercatori di Dio… CEI, Commissione episcopale per l’annuncio, la dottrina e la catechesi, 2009.
Premessa. Come credenti in Gesù Cristo, animati dal desiderio di far conoscere colui che ha dato senso e speranza alla nostra vita, ci rivolgiamo con rispetto e amicizia a tutti i cercatori di Dio. Li riconosciamo in tanti uomini e donne del nostro tempo, guardando alla situazione di inquietudine diffusa, che non ci sembra possibile ignorare. È un’inquietudine che abbiamo riconosciuta anche in noi stessi e che si esprime nella domanda, presente nel cuore di molti: Dio, chi sei per me? E io chi sono per te? Ci rendiamo conto che, abitualmente, questa domanda viene espressa con parole molto diverse da quelle appena accennate. Sappiamo anche che a volte è soffocata, disturbata, fraintesa o sembra lanciata inutilmente, verso orizzonti indecifrabili. Abbiamo però l’impressione che l’interrogativo sul mistero ultimo che tutti ci avvolge, e di conseguenza sul senso della nostra esistenza, sia veramente diffuso. Ci preoccupa anzi il dover constatare che a volte e per ragioni diverse esso venga spento sul nascere o corra il rischio di insabbiarsi. È questo che ci ha sollecitati a scrivere una “lettera” a coloro che cercano e spesso faticano a trovare una risposta alle domande più profonde del loro cuore e anche a coloro che non cercano più, rassegnati o delusi. Vorremmo fosse un dialogo tra amici, lo spunto per trovarsi a riflettere insieme con verità e trasparenza. Una “lettera” che è piuttosto un insieme di lettere, un po’ come lo sono alcune dell’apostolo Paolo, per usare un esempio familiare a chi conosce le Sacre Scritture. Chiediamo a chi leggerà queste pagine di interpretarle come un gesto di amicizia. Le abbiamo intitolate “Lettera ai cercatori di Dio”, perché riteniamo che chi cerca ragioni per vivere, in qualche modo e nel profondo della sua attesa cerchi Dio: vogliamo proporre una strada per incontrare Gesù, il Cristo, il Figlio del Dio vivente venuto fra noi, colui che sovverte i nostri schemi e le nostre attese, ma è anche il solo che riteniamo possa darci l’acqua che disseta per la vita eterna. Si tratta dunque: – di un invito a riflettere insieme sulle domande che ci uniscono (parte I); – di una testimonianza, tesa a rendere ragione della speranza che è in noi (parte II); – di una proposta fatta a chi cerca la via di un incontro possibile con il Dio di Gesù Cristo (parte III).
Mi chiedo se questa lettera è ancora attuale oppure se la nostra opera di evangelizzazione oggi, in un clima di indifferenza generalizzato, è più necessaria intenderla come una tensione verso il risveglio della ricerca, verso l’educazione alla ricerca… insomma, non solo “chi cercate” (Gv 1, 35-42), ma “se cercate?”
- L’azione del Signore non solo accompagna ma precede l’azione del missionario, del pastore. Il Signore prepara l’azione di evangelizzazione, non tutto facciamo noi e non tutto dobbiamo fare noi… “Senza di me non potere fare nulla…” (cfr. Gv 15, 1-8). La nostra azione evangelizzatrice è sempre preceduta dall’opera del Signore, per cui è importante valorizzare i semi di Vangelo già presenti in ogni situazione e realtà affidata, e valorizzare quanto c’è in ogni comunità, direi in ogni situazione. Pensate a quanti disastri e a quante occasioni perdute nel non valorizzare, accompagnare, purificare la religiosità popolare… in nome di un presunto intellettualismo che – spesso – non porta da nessuna parte.
Conoscere profondamente la storia, la geografia e la cultura del nostro territorio è di fondamentale importanza, da questo comprendiamo anche la religiosità della nostra gente che, comunque, (ci piaccia o non ci piaccia) conserva un misto di paganesimo, retaggi bizantini e certamente anche fede autentica.
- Tentativo di imbavagliare l’Apostolo in modo legittimo, attraverso l’autorità del tribunale… pensiamo a quanto sta accadendo in Nicaragua… dove l’episcopato, i sacerdoti e i cattolici in genere sono accusati di cospirazionismo semplicemente perché non allineati al governo di Ortega… impressionante il rifiuto del vescovo mons. Alvarez di abbandonare il proprio paese e la propria diocesi (attualmente è agli arresti domiciliari).
- Divisione di Paolo (Antiochia), Aquila e Priscilla (Efeso)
- Istruzione di Apollo da parte di Aquila e Priscilla…
Aquila e Priscilla non vedono Apollo come un concorrente, semmai un prezioso alleato, ma anche una persona preparata e “potente nelle Scritture”, un colto alessandrino, ha bisogno di istruzione, di confronto, di condivisione di un’esperienza più completa che lo supera e lo precede. Tutti, nessuno escluso abbiamo bisogno di imparare… mi chiedo quanto e cosa siamo disposti ad imparare dai nostri laici, da questo popolo nel quale il Signore ci ha posti come pastori e non come proprietari, come ministri e non solo come maestri…
Concludo con una bella pagina di T. Radcliffe, Testimoni del Vangelo, 198-200…
don Paolo Pala (@tutti i diritti sono riservati)