2019 – Omelia per la Festa Patronale del 26 maggio

Fratelli e Sorelle, il tempo meteorologico sembra sfavorire non solo qualsiasi desiderio di festa, ma anche qualsiasi moto del cuore che voglia librarsi al di sopra del grigiore anomalo di questo freddo e piovoso Maggio.

Eppure la festa non è mai data dalle circostanze che possono essere favorevoli o sfavorevoli, e nemmeno dalla sola voglia di fare festa… la festa è data da motivi precisi e ricorrenze tradizionali, che oggi, per noi, muovono gli animi a lodare il Signore, ringraziare la Vergine Maria, stare insieme e, se non è possibile ballare e cantare, donarsi almeno un sorriso e dirsi: auguri! Che la benedizione di Dio e la protezione della Madonna ti accompagnino sempre… oggi che sei nella gioia, domani che sei nella prova.

Non sarebbe festa cristiana se non ci fosse la riflessione, e la riflessione implica l’uso della ragione.

Spesso associamo alla parola festa l’atteggiamento della sfrenatezza, del rompere gli schemi, del sovvertire le regole… ma questo non è fare festa, piuttosto è fare un baccanale, e il tempo degli antichi pagani dovremmo averlo superato.

La riflessione, però, non parte semplicemente da noi e dalle nostre idee, ma parte dalle idee di Dio che sono espresse nella e dalla Sua Parola.

Abbiamo ascoltato nella prima lettura dell’accendersi di una tensione molto forte nella Chiesa primitiva. Si stava correndo il rischio di andare verso una spaccatura. Nonostante le decisioni prese nell’assemblea di Gerusalemme (quello che storicamente viene definito il primo Concilio), e cioè che per diventare cristiano non occorreva diventare prima ebreo e quindi farsi circoncidere e osservare tutte le prescrizioni rituali mosaiche, alcuni cristiani provenienti dal giudaismo, attaccati fortemente alla loro tradizione, gettavano scompiglio e creavano confusione tra i cristiani che provenivano dal mondo pagano.

Forse per noi oggi, questa potrebbe essere una questione di poco conto… lontana dalla sensibilità e dalla fede dei nostri tempi, ma se volessimo tradurla in categorie culturali attuali è come se si dicesse all’uomo contemporaneo: tu per essere cristiano devi essere prima ed in maniera indiscutibile europeo (o occidentale), quindi caro uomo e donna africano o asiatico o australe o americano rinuncia alla tua identità culturale, annulla tutto ciò che sei… diventa europeo e solo allora potrai diventare veramente cristiano.

Questo discorso è evidentemente inaccettabile, non è evangelico, e pertanto non può essere umano. Il Vangelo è per tutti, è rivolto a tutti, in qualsiasi condizione noi ci troviamo ad essere e a vivere, senza alcuna barriera culturale o etnica o di qualsiasi altro genere. “Non c’è più giudeo né greco, né uomo o donna, né schiavo o libero, ma tutti siamo una cosa sola in Cristo Gesù”. È il grido accorato di San Paolo.

Come ha superato quell’enorme tensione la Chiesa primitiva? Attraverso l’incontro, il dialogo, il confronto, la ricerca sincera della volontà del Signore e la sua applicazione seria, senza il prevalere di fazioni, partiti, e assolutizzazioni di sorta.

Sorrido al pensare che noi, quando viviamo tensioni o problemi relazionali o fratture interpersonali, ci chiudiamo a riccio e rigettiamo il dialogo. Spesso la prima reazione, primordiale, istintiva, un po’ selvatica… è quella di non rivolgere la parola alla persona con la quale abbiamo problemi. E quindi invece di risolverli li acuiamo, li cristallizziamo nel tempo, creando muri di silenzio e di indifferenza che divengono invalicabili e ci condanniamo all’amarezza perpetua o, peggio, all’indifferenza più bieca. E il problema non è risolto… anzi è aumentato, sta lì come un masso erratico, monumento al nostro stupido orgoglio. Quante volte avviene nelle nostre famiglie, nei nostri paesi.

Maria, Nostra Signora delle Grazie, tu che hai dialogato con l’Angelo del Signore, tu che hai dialogato con Giuseppe tuo sposo, con Elisabetta tua parente, con i Magi, con i vecchi Simeone e Anna, con le folle d’Israele e con Tuo Figlio Gesù, insegnaci ad essere uomini e donne, cristiani di dialogo, di incontro, di confronto per giungere sempre alla Verità che è Cristo tuo Figlio, che ci guida nella costruzione della città terrena e ci accompagna nella città celeste. Insegnaci a prendere esempio dalla Chiesa delle origini che, scossa da venti di errore, non ha ceduto alle logiche del mondo ma ha ricercato la volontà genuina di Tuo Figlio e l’ha tradotta in teoria e prassi di vita.

“Chi mi ama osserverà la mia Parola”. Lo dice Gesù nel Vangelo, proprio oggi lo abbiamo ascoltato… se non ascoltiamo la Parola del Signore, non la capiamo e non capendola non possiamo viverla… e non vivendola ci comportiamo come se Dio non esistesse… Etsi Deus non daretur… è il principio del giusnaturalismo, della distinzione inconciliabile tra fede e politica, della distinzione dannosa tra fede e cultura e, consentitemi non solo della distinzione ma della lontananza siderale tra Dio e l’Uomo o, meglio, tra l’Uomo e Dio…

Sembra che oggi si assista a questo fenomeno: “Uomo dove sei?”, dice Dio. “Sono impegnato”, risponde l’uomo… “non ho tempo” risponde l’uomo … “ho da fare” risponde l’uomo … “ciò che sto decidendo, facendo, amando, vivendo, costruendo, con Te non c’entra nulla” … afferma l’uomo. Sino a quando un giorno bussa alla porta della vita la malattia, la ‘sfortuna’ come dicono i pagani, forse la realtà della morte che colpisce i nostri cari, o qualsiasi cosa imponga uno ‘stop’ ed una riflessione… e l’uomo dice: “Dio, dove sei? Non ti fai mai sentire? Allora non esisti e non ti occupi di me…” e Dio stava per dire: “Ti ho sempre parlato perché ti ho sempre amato”, ma l’uomo ha già voltato le spalle rinchiuso nella sua delusione. Se non c’è ascolto di Dio non può esserci dialogo con la vita. Forse è per questo motivo che la vita ci sta sfuggendo di mano: la globalizzazione dei mercati ma non dei cuori, un’economia schiava della finanza, una politica sterile, una ricerca scientifica avulsa dall’etica, una stentata ecologia, un uomo che non comprende più se stesso ed il fratello in umanità.

Santa Maria, Nostra Signora delle Grazie, Vergine dell’ascolto… non permettere che il tuo Paese, Palau, sia sordo all’appello della Parola del Signore. Non permettere che la nostra fede sia un accessorio più o meno colorato per fare belle cerimonie. Non permettere che la nostra fede divenga assurdamente pretesto di divisione o presunta superiorità nei confronti di nessuno. Piuttosto, fa che la nostra fede sia grembo generatore di una carità inesauribile, collante di unità e comunione, capacità creativa di educazione umana e cristiana dei nostri figli, alimento costante di quella speranza che ci fa desiderare di andare in Paradiso e di trasformare già questa terra in una sua anticipazione.

Nostra Signora delle Grazie prega per noi! Amen!